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Gennaro Borrelli, Napoli Stagione Dell’Anima
È proprio di fronte al vicolo dei panettieri, un ambiente tristemente famoso per avervi avuto luogo la più degradante prostituzione del tempo, si apre il paradiso dell’oggetto articolato: l’ospedale delle bambole, da quelle Dell’epoca a quelle moderne «parlanti e camminanti»: un ospedale ove la stratificata e densa polvere non rischia l’asetticità.
Alto, magro, con mani eleganti da chirurgo, con volto affusolato ove domina un aristocratico naso ben degno della migliore ritrattistica settecentesca, con voce calma suadente come un arabesco, con controllato gestire e con alliccati abiti, Luigino, il titolare di questo negozio, si presenta come un artigiano sui generis, poichè, astraendoti un poco, lo potresti immaginare vestito da abbè alla ricerca di oggetti rari tra l’assurda indescrivibile confusione di quelli che sovrappopolano la bottega: qui le madonne ed i santi consunti dall’ascetismo non si scandalizzano al cospetto delle procaci nudità dei manichini per vetrine di moda che annunciano dall’ingresso le loro golose bellezze che gli scugnizzi apostrofano con fischi, lazzi e maliziose carezze.
Luigino mostra accondiscendenza riguardosa ed interesse se gli chiedi notizie sul’ attività Dell’avo – scenografo – che un secolo fa iniziò questa inconsueta attività e tenta di recuperare l’archivio familiare racchiuso in una ben fornita busta nella quale sono raccolti documenti e ritagli di giornali che parlano di questa curiosità napoletana, ma che dico italiana!
E va alla ricerca della busta: sonda ogni aggrovigliato angolo giurando che é lì, poi scantonando passa fugacemente l’ occhio sulle bambole di tutte le grandezze le forme, i gusti, da quelle antiche addirittura custodite sotto le campane di vetro, a quelle automatiche; passa, con l’indifferenza dell’abitudine, rapidamente, le mani tra rotondi rosei seni, che sembrano fresche percoche, e tra le cosce delle «bambolone», che chi sa tra queste vi fosse la busta famosa; affonda le mani tra gli innumerevoli vestiti parrucche, braccia, gambe, busti, teste staccate accatastate alla rinfusa, sempre alla ricerca della preziosa busta. Poi l’ansia si placa: eccola, esclama, come se avesse visto un miraggio o una rara farfalla inseguita da sempre, ed introduce le mani ma ahi!
Dalla busta é venuto fuori l’ennesimo santino che ti guarda stupefatto con occhi sbarrati per essere stato disturbato nel sonno; la ricerca riprende: ha deciso di non cedere, spalanca un armadietto e poi un altro ed appare l’allucinante repertorio degli occhi di vetro che a migliaglia ti guardano con isterica fissità: ora la confusione é le culmine e la polvere si innalza ovunque impalpabile dorata e preziosa avvolgendoci con aureole da paradiso terrestre, oh! Ecco la storia é finita, la busta é venuta fuori; ma ironia: non é quella che racchiude i ritagli tanto agognati, ma i giornali di scarto. Una testa di donna si affaccia dall’ingresso ed ignara del Travaglio che ha coinvolto l’animo di Luigino invoca: la bambola é pronta?
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